martedì 28 agosto 2012

Hic et nunc.

C'era una brezza fresca a entrare dalle finestre spalancate, quelle tende candide a svolazzare, gonfie come vele d'una barca e poi un'estate ormai giunta alla sua fine.
Mani ossute indaffarate tra tessuti, sguardi assenti, lontani da quella stanza, lontani da quel posto in cui viveva.
La mente altrove e il cuore lontano. Sentiva crescere incertezze, insicurezze.
Frasi a rimbombare nella mente come battute inghiottite a memoria per la scena d'un film.
Un aspettarla.
Un grazie.
Un esser sempre stato li che diventava più concreto, più tangibile, più sicuro e forte di giorno in giorno.
Un grazie per tutto quel tempo fatto di no.
Uno schernirsi imbarazzato e un sorriso sempre vivo.
Una domanda incerta, una richiesta assurda, pretendeva un perché, un perché che sapeva non esistere così come quei perché che sono impossibili da dare, quei perché inesistenti semplicemente per il fatto che non esiste nessuna spiegazione, nessun motivo, un perché che è così punto e basta semplicemente trasudante di speranze ed emozioni.
Risposte da far accelerare il battito e da far sudare le mani, di quelle risposte da abbassare la testa e da sorrisi storti, da sguardi imbarazzati e brividi a fior di pelle.
Rifletterci un po' su, sentire il magone in gola, ripensare a vecchi momenti, identici a quelli ma al contempo differenti. 
Visi a ricomparire nella mente ed altri li presenti e ben sicuri. 
Occhi neri fissi addosso, capelli scompigliati, labbra ovunque e mani ferme, così, ancora così: testa chiusa e cuore aperto.
Ennesimo brivido di vita.
Infinito sentimento.